Invece di fare classi piccole facciamo classi numerose: ma non ci avevano detto di distanziarci?
Il 2020 è stato un anno critico per la scuola italiana. Da sempre accusata di essere lontana dall'innovazione e dal mondo dei giovani, studenti e docenti si sono trovati catapultati nella Didattica A Distanza pensando che la formazione sia un semplice passaggio di saperi che vengono ficcati nelle teste come scatole in un magazzino.
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Nell'Italia dove tutti diventano allenatori di calcio, presidenti del Consiglio, pedagogisti o Sindaci a seconda della moda del momento, si è scoperto che la scuola non è solo ficcare informazioni nella testa delle persone ma è insieme di relazioni e di esperienze, magari mediate con la riflessione storica, il pensiero scientifico, l'esperienza estetica: incredibile!
Incredibile perché la parola che più sentiamo quando in questi giorni si parla di scuola non è cultura ma distanza: didattica a distanza e didattica distanziata: stare distanti per combattere l'infezione. Però ci sono anche altre parole che sono meno frequentate come per esempio aspettare oppure ritrovarsi ma non assembrarsi che poi se si è in pochi c'è più tempo per ascoltare e le parole che si dicono assumono un sapore più profondo.
Gli studenti hanno diritto alla migliore didattica possibile: e gli alunni disabili più di tutti
- la legge impone che in presenza di alunni con disabilità, il numero massimo di allievi non può essere superiore a 20,
- proprio la lotta all'assembramento è l'arma più appuntita contro l'epidemia.
Quando verso la seconda metà di luglio siamo stati investiti da questo assurdo problema ci siamo trovati effettivamente impreparati: non siamo stati capaci di comprendere come fosse possibile che una Pubblica Amministrazione, in questo caso l'Ufficio Scolastico Regionale, potesse assumere una decisione così palesemente illegittima e inopportuna.
Siamo restati un po' disorientati dalla lettera del Sindaco all'USR, dagli strali scandalizzati di politici vari appena la notizia è uscita sui giornali senza che nessuno però muovesse un dito, tutti fermi a dire che in fondo non è un loro problema, che ci sono altre questioni e che in fondo va tutto bene.
Difendere il principio di classi adeguate è difendere il diritto allo studio
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Ma non ci sono altre questioni quando si parla di scuola: sembra che tutto sia sempre definitivo e già scritto come per i seggi. La scuola e i bambini arrivano sempre per ultimi e i genitori, che faticano da soli a barcamenarsi fra lavoro e impegni dei figli, sono sempre sfiniti per cominciare ancora un'altra battaglia.
Ma questa volta, le famiglie dei bambini con disabilità non devono restare sole: questa volta la loro battaglia è la battaglia dell'intera città che non può affidarsi ai canali ufficiali dell'Amministrazione o dei Soloni dell'internet.
Fabriano non è una città come le altre e i bambini disabili non hanno meno diritti degli altri: ci resta poco e quel in quel poco che ci resta c'è la scuola. Zoppicante, lenta e non a passo coi tempi, senza tablet o computer, dove si parla troppo di Leopardi e quasi niente di impresa ma è la scuola dove nascono le amicizie e gli amori, dove la vita prende sapore.
Il sapore che sta al fondamento del sapere e della sapienza e della saggezza.
Noi facciamo ricorso al TAR Marche e c'abbiamo prescia!
Abbiamo però bisogno di forze e di soldi. Abbiamo bisogno di stare tutti insieme quindi:
- cacciate fuori il portafoglio e dateci 10, 50 o anche 1 euro,
- fate girare voce su tutti i canali che avete: Facebook, Intsagram, Whatsapp, fruttivendolo, bar e parrucchiere,
- facciamo un po' i grandoni come sappiamo fare noi fabrianesi: "ah, io faccio ricorso per la scuola, c'ho messo due lire che più non c'avevo ma tocca difende quello che c'avemo!"
I tempi so stretti, tocca fa tutto de prescia ma se po fa...
I genitori dell'associazione La Scuola Siamo Noi.
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